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Catalunya Religió

(Glòria Barrete –CR) Se avessero l’opportunità di esprimersi sulla Chiesa Cattolica, cosa direbbero? Si sono sentiti accolti, hanno spazio per fare sentire la propria voce? In che direzione deve andare la Chiesa nei prossimi anni? Chiunque, sia un membro attivo in parrocchia o che ci va solo per nozze, battesimi e funerali, da oggi alla prossima Settimana Santa potrà dire la sua nella fase diocesana del Sinodo dei Vescovi. Anche nelle diocesi catalane è stato celebrato l’evento inaugurale di questa fase di consultazione.

Tarragona, Girona, La Seu d’Urgell, Lleida e Barcelona hanno celebrato domenica nelle rispettive cattedrali l’apertura della fase diocesana del Sinodo. Tortosa l’ha fatto sabato. La consultazione a partire da dieci punti su cui si attende l’opinione e il parere di tutti culminerà in documento che la commissione del Sinodo di ogni diocesi dovrà inviare alla fine di aprile alla Conferenza episcopale spagnola (CEE). Questa provvederà a inviare un nuovo documento di sintesi alla segreteria generale del Sinodo dei vescovi a Roma.

L’arcidiocesi di Tarragona, per esempio, ha avviato lunedì 18 ottobre un sito specifico per raccogliere l’opinione di tutti. La piattaforma ha anche alcuni video in cui ogni membro della commissione spiega e motiva ciascuno dei dieci punti di lavoro della consultazione. Ci sono questionari, aperti a tutti, per poter dare un parere sincero sulla Chiesa. “L’idea è che non partecipi solo la gente delle parrocchie o che va a messa, ma vogliamo che le persone lo mandino per whatsapp a chi vogliano, alla propria cerchia, dove ci saranno anche persone non legate alla Chiesa” spiega Joan Àguila, vicario episcopale della pastorale e coordinatore della fase diocesana a Tarragona.

Il Papa, ricorda, insiste molto soprattutto nel primo punto della consultazione, sul concetto di “compagni di cammino”, “quelli che camminano al nostro fianco e che forse non credono ma dei quali vogliamo conoscere l’opinione”. Àguila sottolinea che è necessario conoscere l’opinione di tutti, “se sono venuti a qualche celebrazione, se si sono sentiti accolti, ascoltati, o se diamo l’opportunità di manifestare il proprio punto di vista”.

Il Sinodo dei vescovi questa volta coinvolge tutto questo gruppo di persone che non va in chiesa o ci va occasionalmente. “Vogliamo considerarli membri di questo popolo di Dio che cammina in questo Sinodo e vogliamo sapere in che modo possiamo far sì che il loro parere e punto di vista giunga anche alle conclusioni finali”.

Sulla stessa linea si è espresso il cardinale Joan Josep Omella, durante la celebrazione d’apertura a Barcellona. Omella afferma che “questa unità è un’opportunità perché tutto il popolo di Dio si metta in ascolto, gli uni degli altri, per arrivare alla volontà di Dio”. Il vescovo di Lleida, Salvador Giménez, ha chiesto di “non aver paura di partecipare ai lavori del Sinodo”. Una fase diocesana in cui per l’arcivescovo di Urgell, Joan-Enric Vives la cosa più importante sarà “ascoltarci, accoglierci e fare proposte che tendano alla costruzione di una comunità unita e missionaria”.

Una Chiesa “in uscita”, sostiene Àguila, che non solo deve andare verso gli altri per far conoscere Cristo “ma che deve andare verso gli altri per poter imparare da molte iniziative di quartiere, di associazioni o di città” con l’unico obiettivo “di chiedere aiuto per fare meglio la nostra missione”.

E come si fa? Àguila risponde “andando senza risposte preconfezionate e con il cuore e lo spirito aperti”. Sostiene che in questa fase diocesana, se si fa bene, “bisogna essere disposti ad ascoltare cose che non ci aspetteremmo o che non ci piaceranno. Dobbiamo essere pronti a ricevere critiche e ad accogliere nuove iniziative che sicuramente ci aiuteranno a crescere e a essere più fedeli al Vangelo”.

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