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Catalunya Religió
Joan Maria Mayol, rector del santuari de Montserrat
Joan Maria Mayol, rector del santuari de Montserrat

Glòria Barrete –CR La devozione alla Madonna di Montserrat valica i confini. La prima frontiera, quella del santuario stesso di Montserrat, che non si appropria della devozione come qualcosa di intangibile e per pochi ma la vive e la condivide ovunque con la sua accoglienza e cura pastorale. E il secondo confine, quello fisico e territoriale, poiché, attraverso la confraternita di Nostra Signora di Montserrat, permette che la devozione alla Moreneta trovi spazio e liturgia in tutto il mondo, oltre il santuario e oltre la festa di Nostra Signora di Montserrat, che ricorre il 27 aprile. Quest'anno la confraternita celebra ottocento anni di storia con un pellegrinaggio a Roma (a ottobre, ndt). Parliamo con il rettore del santuario e capo della confraternita, Joan Maria Mayol, di come gli otto secoli della confraternita siano stati un riflesso della storia e della società del tempo.

Ottocento anni di storia della confraternita. Quali sono gli eventi più rilevanti che ha vissuto?

La confraternita nacque nel 1223 quando iniziarono ad esserci più pellegrini grazie al passaparola del Camino di Santiago che già narra le grazie della Madre di Dio. In quel tempo non si poteva andare a Roma perché c’era la peste, e non si poteva nemmeno andare a Gerusalemme perché c’erano i Saraceni. I due grandi pellegrinaggi del Medioevo non si potevano fare, e l'unico possibile era quello di Santiago di Compostela. Tutti quelli che ci andavano, vedendo Montserrat, notavano una montagna che non passa inosservata ed è qui che inizia il grande afflusso di persone.

Un santuario che all'epoca era l'unico con una comunità di monaci.

Esattamente, questo è ciò che ha reso differente Montserrat. C'era già anche l’Escolania a quel tempo (il celebre coro di voci bianche, ndt). I pellegrini trovavano qui una sorta di città ecclesiastica o religiosa che, tra i canti, l'incenso, il via vai di gente che si confessava, trasmetteva un clima religioso diverso da quello delle loro parrocchie. E volevano portarselo a casa. C'era anche la necessità di aiutare i pellegrini che venivano qui. Economicamente i monaci non potevano dare molto, un brodo e poco altro. Tutti questi elementi spingono il priore di allora, Ramon, a fondare la confraternita.

E la confraternita comincia a ingrandirsi?

La confraternita fa un salto nel XIV secolo quando papa Niccolò V concede l'indulgenza plenaria a Montserrat. Un'indulgenza che significa che ogni volta che si viene in pellegrinaggio qui è come un anno santo. E questo anno santo non è tanto per fare, ma va inteso come reset spirituale e vivere secondo il Vangelo. Quella concessione amplia la confraternita che passa da cinquecento a migliaia di persone. Ciò che la confraternita già cresciuta fa è favorire il flusso dei pellegrini e rendere più dignitosa la loro permanenza qui. È quando, ad esempio, si costruiscono i chiostri per poter trovare riparo dalle intemperie. Alla fine, noi monaci di Montserrat abbiamo sempre accolto le persone che vengono, donando il nostro tocco di accoglienza umana e spirituale.

Per la Catalogna ricostruire Montserrat significava anche ricostruire la Catalogna

Poi arriva la guerra con la Francia.

Sì, nel 1811, quando tutto il patrimonio di Montserrat che re e principi avevano donato al santuario scompare. Montserrat diventa come l'Ucraina nei primi giorni di guerra di cui abbiamo visto le immagini in televisione. È fatto esplodere, gli edifici bruciati, tutto è danneggiato, la confraternita non scompare, ci sono confratelli, ma non possono salire al santuario. Il recupero e la ricostruzione di Montserrat inizieranno più tardi, con Isabella II che dona un vestito alla Madre di Dio, e la messa in moto del Comitato di ricostruzione di Montserrat che inizierà a sistemare gli edifici. Ma come Montserrat, tutta la Catalogna era molto malmessa, come pure l'intera penisola. Per la Catalogna ricostruire Montserrat significava anche ricostruire la Catalogna, ed è per questo che tutti sono stati incoraggiati a fare donazioni. Sia i monaci dell'epoca che Víctor Balaguer (scrittore e politico catalano, ndt) hanno saputo unire il sentimento religioso, culturale, sociale e politico del momento ed è allora che si verifica la seconda data importante di Montserrat, che è il 1881, con l'incoronazione canonica della Vergine. La confraternita riprende vita perché si aprono il santuario, si aprono le strade, la gente torna a salire, si festeggia. Dobbiamo pensare che la confraternita era in qualche modo la rete di comunicazione dei pellegrini che salivano una volta all'anno, ma poi nelle loro parrocchie avevano la loro Madre di Dio di Montserrat e facevano le loro feste. La confraternita ha voluto e vuole alla fine essere questo: avere in qualche modo la devozione in casa.

In che modo la dispersione dei monaci durante il Triennio liberale incide sulla devozione e sulla confraternita?

Il culto a Montserrat viene proibito e i monaci del santuario dispersi. Anche la Madre di Dio viene confiscata e portata a Barcellona, ma la confisca invece che un “rapimento” diventa una marcia trionfale con la gente per strada che la saluta o le fa veglie notturne. E siamo negli anni '30, cioè quando si costruirono le piazze con le panchine perché la gente potesse mangiare.

E arriva la Guerra Civile.

Per tre anni il monastero viene confiscato dalla Generalitat perché non venga distrutto, e diventa addirittura una Banca del Sangue. Si tiene addirittura una seduta delle Corts (il parlamento catalano, ndt) nel nostro refetorio, e si discute anche della legge sulla libertà religiosa. Quando la comunità torna al Cambril (lo spazio dedicato alla venerazione della Madre di Dio, ora trasformato in cappella, ndt), mancano alcune cose. La statua della Vergine era stata nascosta, al suo ritorno le vengono tolte le vesti barocche a favore di quelle romaniche, ma l'immagine va in qualche modo protetta. Il rettore del santuario e l'allora abate, Escarré, proposero di trasformare il Cambril in un trono. I duchi di Cardona avevano regalato un trono d'argento per favori ricevuti anni prima, e si dice ai pellegrinaggi che servono donazioni. Nonostante le penurie dell'epoca, in pochi mesi furono raccolti 200 chili di argento, da piccoli anelli, orecchini o posate. Questo accadde all'improvviso e si decise di fare una Commissione. Fu stabilito anche che l'incoronazione della Madre di Dio non sarebbe stata semplicemente la ricollocazione dell'immagine, ma una festa di ritrovo culturale, sociale e religioso, un po' come nel 1881. Nel dopoguerra la convivenza era molto tesa ed era necessario che nella Commissione - denominata Abat Oliba – fossero rappresentati tutti. Andava di città in città, con immaginette della Madre di Dio spiegando questa festa. Vi collaborarono i danzatori, gli scout, gli scalatori... Fu una festa trasversale. Come dice Papa Francesco, la religione non deve essere un problema, ma parte della soluzione. Montserrat cerca di preservare questa memoria, ma viva, non come un museo. È in quel momento che cresce la devozione a Montserrat e vengono creati molte delle edicole che si trovano per strada a Barcellona, ​​per esempio. Era un modo per dire che se non si poteva salire a Montserrat, si poteva incontrare la Vergine nella sua nicchia.

La devozione non è limitata alla Catalogna. Abbiamo contato circa duecento icone della Madonna di Montserrat non romaniche in tutto il pianeta

E alla fine troviamo la Moreneta anche in altri paesi del mondo.

Sì. La devozione non è limitata alla Catalogna. Abbiamo contato circa duecento icone della Madonna di Montserrat non romaniche in tutto il pianeta. È la prima invocazione che attraversa l'Atlantico perché Bernat Buil con Colombo, che è delegato pontificio, fa la prima messa in onore della Madre di Dio di Montserrat e dedica la prima cappella che c'è nella Repubblica Dominicana. Ci sono poi anche altri posti in America Latina, in Africa, in Italia, in Francia, in Inghilterra, persino in Giappone. La cosa più bella è vedere come l'inculturazione catalana non sia stata invasiva o impositiva. Non viene importata l’immagine della Vergine romanica, ma è adattata, in molti casi, alla fisionomia e alla cultura del luogo specifico. Questo è ciò che vogliamo portare a Roma con il pellegrinaggio, questo fatto di inculturarsi e non imporsi. E soprattutto per ricordare che quando ci comprendiamo, andiamo avanti.

Cosa fanno nella confraternita?

Le confraternite della Settimana Santa, ad esempio, hanno un’impronta penitenziale; questa invece è per tutto l'anno ed è incentrata sulla festa della Vergine Maria, per diffonderla e condividere dovunque ciò che si vive a Montserrat. Il Padre Abate ha messo per iscritto ciò che già si stava facendo. Non c'è un obbligo stretto di pregare e fare cose specifiche, ma è una raccomandazione aperta che viene offerta. Abbiamo un incontro a maggio, dopo la festa della Madonna, e una volta all'anno preghiamo per i defunti. Un atto molto significativo in tempi di pandemia. Viene condiviso anche un pranzo. L'empatia umana è importante, la fede non è solo guardare in alto, ma guardare negli occhi l'altro e dire 'io sono qui'. Questo è ciò a cui miriamo nella confraternita.

E c'è anche una parte sociale?

Ovviamente! La parte sociale è vitale perché è nata per questo, beh, come tutte le confraternite. Nel pellegrinaggio a Roma lo concretizzeremo recandoci a Santa Maria in Trastevere con la comunità di Sant'Egidio, dove reciteremo il rosario per i poveri e finiremo con l'immagine della Madonna di Montserrat di Girona all'interno della chiesa. I poveri stessi ci accoglieranno e condivideremo un po' di tempo. Occorre sensibilizzare anche i nuovi confratelli rispetto a questa vitale parte sociale che ha la confraternita, che, come tutte, è nata per questo, per aiutarsi a vicenda.

Oggi parliamo di più di 3mila confratelli. Ci sono persone di tutti i generi, come è sempre successo.

Quanti confratelli ci sono attualmente?

Oggi parliamo di più di 3mila confratelli. Ci sono persone di tutti i generi, come è sempre successo. Carlo V era un confratello, così come Filippo II. Pure Pasqual Maragall, o Jordi Pujol. Degli attuali preferisco non parlare, per discrezione!

Lo sono anche tutti i vescovi catalani, giusto?

Anche! Il primo confratello è stato il vescovo di Tarragona, nel 1223. Ecco perché nel 2019, con il mio desiderio di ristabilire i legami dove sapevamo che c'erano confratelli, ho proposto a tutti i vescovi della Conferenza episcopale tarraconense se volevano esserlo e hanno accettato. Manca il nuovo vescovo ausiliare di Barcellona, ​​il quale ha detto che quando verrà si iscriverà anche lui.

Cosa chiedete oggi a un confratello?

È aperta a tutti e viene chiesto di fare di Montserrat un punto di riferimento. Questo in senso più ampio. Più precisamente chiediamo devozione alla Madre di Dio e che nel periodo della festa venga celebrata, sia come sia, con una sardana (ballo tradizionale, ndt), una grigliata, una tombola, ma si celebri. Non ci sono costi, nessuna quota. Un'altra cosa è che chiunque voglia può fare una donazione, ma non abbiamo una quota d’iscrizione. Le cose più belle sono state ricevute gratuitamente, per esempio la vita. Al contrario, diamo un piccolo distintivo e una candela profumata, a significare la presenza amorevole della Madre. Puoi avere una malattia, cadere in disgrazia, perdere tutto, ma avere la certezza che la Madre di Dio sarà sempre al tuo fianco, perché una madre non lascia mai nessuno.

Abbiamo superato la devozione alla Madre di Dio come un passo per guarigioni miracolose?

Il miracolo principale è la trasformazione del cuore, questo è il miracolo che la Madre di Dio compie costantemente per tanti pellegrini, ma ci sono anche persone che in quel momento hanno bisogno almeno di aggrapparsi a una speranza, che può sembrare esoterica o superstiziosa. La speranza non va negata a nessuno, è l'arma più forte che abbiamo. Ma nemmeno si può ingannare. Dire a qualcuno che mettere una medaglia da qualche parte farà sparire il tumore, no, non è così che funziona. Ecco perché abbiamo bisogno di accoglienza. Non si può fare pastorale senza pastori. Con immaginette, opuscoli o medaglie non si va da nessuna parte. Ecco perché una delle principali missioni di Montserrat non è quella di tenere una liturgia, ma di accogliere i pellegrini, non importa come vengano.

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