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Cosa è cambiato nei dieci anni di Papa Francesco?

Marcel·lí Joan –CR Spesso, nell'analizzare gli attacchi che costantemente papa Francesco riceve, l'attenzione si sofferma sul mondo politico. Non molto tempo fa, Francisco Marhuenda del quotidiano La Razón chiedeva a Benedetto XVI di “suggerire al suo successore di abbandonare il populismo e il revisionismo”. Quando Joan Planellas fu nominato arcivescovo di Tarragona, Jiménez Losantos descrisse il provvedimento come "un'abietta decisione golpista da parte di un tizio che odia la Spagna". Il direttore del quotidiano OKDiario, Eduardo Indra, è andato anche oltre: "Questo Papa comunista è l'antipapa, il rappresentante del diavolo sulla Terra". L'eurodeputato di Vox Herman Tertsch, commentando alcune pacate opinioni di Papa Francesco in cui, parlando della Catalogna, chiedeva alla Spagna di riconciliarsi con la sua storia, ha sparato a palle incatenate contro Francesco: "Un'altra prova della sua bassezza e indegnità. Bergoglio, può andare all'inferno".

Ebbene, tutto questo è ben noto dalle nostre parti, come la feroce opposizione dell'estrema destra politica americana, guidata da Steve Bannon e dal trumpismo, e di altri paesi europei contro la linea di Papa Francesco, a cominciare dall'Italia. Settori che rappresentano i grandi interessi economici e finanziari del capitalismo, che Papa Francesco fustiga senza pietà. Alcuni settori che con i papi precedenti si muovevano con assoluta comodità - e impunità - perché la Dottrina Sociale della Chiesa era l'eterna emarginata.

Perciò, siamo già abituati all'opposizione politica, alle dichiarazioni dei leader di destra e di estrema destra e di giornalisti “cavernicoli” contro il Papa. Ma forse non siamo così consapevoli dell'opposizione interna. Con parole di Juan Vicente Boo, ex corrispondente della ABC per 25 anni in Vaticano: "Francesco è il papa più attaccato degli ultimi due secoli". Perché riceve attacchi così sanguinosi e spietati?

Semplicemente perché con il suo atteggiamento, i suoi gesti e le sue riflessioni sta mettendo seriamente in discussione la mentalità clericale dominante degli ultimi secoli, maggioritaria anche dopo il Vaticano II. Lo ha detto magistralmente Leonardo Boff: “Ciò che più scandalizza i cristiani tradizionalisti è il suo stile di esercitare il ministero dell'unità della Chiesa. Forse ciò che più infastidisce i cristiani ancorati al passato è la visione della Chiesa incarnata dal Papa. Non una Chiesa-castello, chiusa in se stessa, nei suoi valori e nelle sue dottrine, ma una “Chiesa ospedale da campo, sempre in uscita verso le periferie esistenziali”.

Non è affatto strano che il Papa riceva tanti attacchi anche all'interno della Chiesa. Alcune delle perle di Francesco di questi ultimi mesi: “Il Concilio che alcuni pastori ricordano di più è quello di Trento. E non lo dico per scherzo”. Qualche mese fa ha denunciato con chiarezza l'esistenza del “carrierismo”. “L’arrampicatore alla fine è un traditore, non è un servitore. Cerca il proprio vantaggio e poi non fa nulla per gli altri", ha detto.

L'opposizione all'interno della Chiesa a Papa Francesco, come la maggior parte degli elementi legati alla Chiesa, è sottile, bisogna saper leggere tra le righe e interpretare con l'aiuto di esperti e profeti che ancora continuano a parlare chiaro in seno alla Chiesa. Ufficialmente nessuno prende una posizione pubblica contro il Papa. Nessuno, tranne poche eccezioni, come quella dell'ex nunzio Viganò che ha chiesto pubblicamente le dimissioni di Francesco. Proprio il Paese al mondo dove c'è la più netta opposizione ecclesiale contro il Papa, gli Stati Uniti, ha rinnovato in autunno il proprio vertice della Conferenza episcopale. Ebbene, i prescelti sono stati due strenui oppositori di Francesco. Il nuovo presidente, Broglio, ha collegato la pedofilia all'omosessualità e ha autorizzato i soldati a non vaccinarsi contro il Covid-19. E il nuovo segretario, Coakley, ha dato pubblico sostegno all'ex nunzio Viganò, proprio il citato autore del manifesto in cui si chiedevano le dimissioni del Papa.

Questo fenomeno di opposizione reale e frontale a Papa Francesco si verifica anche in altri Paesi del mondo, ma con più dissimulazione. E uno degli stati dove questo si vede più chiaramente è, appunto, quello spagnolo. Ufficialmente nessun vescovo o arcivescovo oserà contraddire il Papa e tutti faranno una pubblica confessione di fede – perfino battendosi il petto - e di fedeltà a Francesco. Ma non è così. Poco a poco stanno venendo alla luce alcune recenti analisi che mostrano come l'episcopato spagnolo sia uno dei più refrattari al nuovo stile di Papa Francesco. Questa constatazione non è vox populi, ma in certi ambienti ecclesiali della Santa Sede è perfettamente noto e la sua esistenza non è messa in dubbio.

I vescovi spagnoli che gli si oppongono, non formulano direttamente la loro opposizione al Papa, ma la mascherano, mantengono un profilo basso e continuano come sempre nel loro stile più prettamente clericale. Basta analizzare quello che dicono, quello che fanno, cosa enfatizzano, che quadro dipingono della società spagnola, come insistono che la Chiesa è perseguitata, cosa difendono, cosa attaccano e cosa tacciono. Scelgono di guardare per terra, di fingere di adorare il Papa, ma senza alcuna sincerità, convinti che questa "ondata di Francesco" passerà e torneranno i vecchi tempi clericali. Anelano ai giorni del regime cristiano e denigrano sfacciatamente ogni traccia di modernità e secolarizzazione.

Il teologo basco Jesús Martínez Gordo ha recentemente messo il dito nella piaga parlando dell'episcopato spagnolo “ancorato a una lettura preconciliare e involutiva del Vaticano II. Il modello di questi vescovi è percepibile sia nel modo di governare le rispettive diocesi sia, in particolare, nelle diagnosi - teologiche e sociali - e nei piani di azione pastorale che promuovono in quanto sono la stragrande maggioranza. Il Papa vuole leggere il Vaticano II sulla base di quanto approvato dalla maggioranza e mantenere un rapporto adulto con la società civile, senza false tutele. Ma si ritrova con un episcopato che preferisce tacere, guardare altrove o fare l'essenziale per non stonare e, soprattutto, aspettare tempi nuovi”.

L'analisi di Martínez Gordo sull'episcopato spagnolo concorda pienamente con la diagnosi di José Lorenzo, per molti anni caporedattore di Vida Nueva: "Circa la metà dei vescovi spagnoli non sostiene il papa argentino". Secondo Lorenzo, sempre più vescovi spagnoli si stanno allineando alle tesi di Vox e Díaz Ayuso. Punta di diamante di questi movimenti è l'arcivescovo Jesús Sanz. "In Spagna c'è una sottocultura perrofláutica (termine intraducibile che indica un atteggiamento quasi hippy, che richiama i giovani musicisti da strada accompagnati da un cane, ndt) che sta gradualmente minando la visione cattolica del mondo", ha detto Sanz.

Il vescovo di Alicante, Jesús Munilla, da parte sua, assicura che il fatto che "un governo conceda agli eredi politici di un gruppo terroristico la capacità di umiliare coloro che ne sono stati le vittime, è semplicemente immorale". E così tanti altri spudoratamente nominati da colui che ha detenuto il potere assoluto nella Chiesa spagnola per più di vent'anni: Antonio Maria Rouco. I suoi discepoli sono sparsi in tutta la geografia spagnola: dalle importanti sedi episcopali dell'Andalusia alla Galizia, passando per la Castiglia, la Navarra e l'Estremadura.

Un buon esempio e vicino alla nostra realtà è stato il ruolo svolto dall’ineffabile vescovo di Castelló, Juan Antonio Reig, oggi felicemente “giubilato” da papa Francesco, quando si è comportato come Attila al suo arrivo nelle terre valenziane. Una delle tante cessazioni che impose al suo arrivo fu quella del grande sacerdote e teologo, recentemente scomparso, Joan Lllidó, allora rettore del Seminario di Castelló. Il sacerdote della diocesi Julio Silvestre ebbe il coraggio di rimproverare il vescovo per questa decisione. Per giustificarsi, Reig rispose: "Ora comandiamo noi". Silvestre aveva coraggio e non rimase zitto: "Un giorno torneremo a comandare noi". E la risposta di Reig fu antologica: "No, io resterò sempre sulla cresta dell'onda".

Tutto va letto anche in chiave catalana. I tic clericali, le visioni pietistiche e sradicate della realtà sociale catalana, i silenzi di fronte a certi movimenti e azioni contraddicono, insomma, la nostra millenaria tradizione ecclesiastica tarragonese. Un buon antidoto è leggere e rileggere le recenti dichiarazioni di Papa Francesco in cui parla di una Chiesa incarnata: "La Chiesa deve essere incarnata. Se non si incarna non va bene, deve accompagnare la sua gente”.

Marcel·lí Joan i Alsinella è un giornalista specializzato in informazione religiosa

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