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Catalunya Religió
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Fotografia: TV3.

CR“Ho trovato conforto nel Vangelo e nei salmi”. Il filosofo e teologo Francesc Torralba, membro del Dicastero della Cultura e dell’Educazione della S. Sede, ha perso suo figlio in un incidente in montagna lo scorso agosto. Dopo aver scritto più volte sulla morte e sul dolore, spiega che viverlo in prima persona "cambia molto la prospettiva". Quasi otto mesi dopo quel terribile incidente, Torralba è stato ospite del programma 'Col·lapse' di TV3 per parlare con il giornalista Ricard Ustrell della morte, del dolore ma anche dell'importanza di vivere. In tutto questo processo, che vive ancora oggi, il filosofo assicura che la fede è stata “un importante antidoto”.

Nel colloquio con Ustrell, Torralba si definisce un "uomo di fede" e rivela che le situazioni estreme, come quella vissuta il 14 agosto, "mettono in discussione le tue convinzioni". "Capisco che ci sono persone che, in una situazione limite, smettono di credere", spiega. Nel suo caso, però, la fede gli ha dato speranza e ha trovato incoraggiamento e consolazione nei testi del Vangelo o nei salmi.

Il filosofo e teologo, prima dell'incidente, aveva scritto due libri sul dolore e sulla morte. Ora ha potuto rileggere entrambi i libri e sottolinea che non rinuncia alle sue pubblicazioni, ma che se dovesse riscriverle direbbe che "non ci sono parole di consolazione". Con la morte di un figlio si sperimenta “il limite del linguaggio” perché le parole sono “insufficienti per consolare”. Torralba parla però di altri linguaggi che possono dare questa consolazione: l’abbraccio, il pianto o anche la poesia.

"La morte di un figlio è un'esperienza sconvolgente di cui ti devi rendere conto e di cui ci stiamo ancora rendendo conto"

Vivere il lutto in prima persona ti rende testimone di un'esperienza e ti permette di parlare con autorevolezza, secondo Torralba. "Molte volte parliamo senza esperienza e generalmente ci rendiamo ridicoli", dice il filosofo. In questo senso, per Torralba, il dolore “vissuto in prima persona è molto diverso dalla teoria”.

Francesc Torralba non parla mai di superare il lutto. Per lui questo verbo è "inappropriato". "La morte di un figlio è un'esperienza sconvolgente di cui ti devi rendere conto e di cui ci stiamo ancora rendendo conto", dice. Parla di morti che vedi arrivare e di altre, come quella di un figlio, brusche e traumatiche. Queste causano "un impatto molto forte" che richiede "tempo per essere elaborato e assimilato".

In questo periodo ci sono diverse fasi. Torralba cita la negazione, l'indignazione, la rivelazione, la rassegnazione, l'accettazione e infine la gratitudine. "Gratitudine per quanto imparato, per le esperienze, per il vissuto e per il meraviglioso ricordo", dice. Queste fasi si possono vivere in vari modi e in sequenze diverse e c'è anche la possibilità di rimanere “intrappolati” in una di queste fasi.

"Ho sempre criticato il fatto di rendere la morte un tabù. Per questo sono qui, per essere coerente"

Torralba spiega che aiuta molto parlarne con amici, colleghi o anche in gruppi di lutto. "Tutto questo ha un effetto curativo, ma va rispettata la volontà di ciascuno", dice. Lui è favorevole a renderlo esplicito: "Ho sempre criticato il fatto di rendere la morte un tabù". "Per questo sono qui, per essere coerente", ha aggiunto Torralba nella conversazione con Ustrell.

Il filosofo ha parlato anche dell'importanza di coniugare confronto ed evasione di fronte a una situazione del genere. "Il confronto costante ti logora, ma evitarlo tutto il tempo non aiuta a guarire", spiega. Per lui il dolore è come un’onda: ci sono ondate di tristezza più facili da superare e altre così grandi da sembrare uno tsunami.

Il 14 agosto Francesc Torralba stava facendo con suo figlio una lunga escursione di quasi 30 km con molti dislivelli. Ad un certo punto il figlio di Torralba è caduto in un burrone e ha battuto in modo tale da morire sul colpo. Lui non è riuscito a vederlo perché era più indietro.

Nel suo racconto Torralba ha spiegato che quando se ne accorse, cercò di scendere per andare incontro a suo figlio, ma la parete era così ripida da farlo rimanere bloccato su un tronco, senza possibilità di salire né scendere. "In quel momento, in attesa di un salvataggio, ti senti molto vulnerabile", spiega.

Quando è stato soccorso, Torralba ha dovuto attendere il recupero della salma del figlio: "Una visione che ha un impatto emotivo molto forte". "Nessuno mi ha dovuto dare la notizia perché lo sapevo già, ma ho dovuto dirlo ai miei amici e alla mia famiglia; uno dei momenti più duri", dice.

In quei frangenti Torralba racconta di essersi sentito impotente e sbalordito: "Ti rendi conto che non puoi salvare chi più ami". "È una lezione di umiltà perché la morte non avvisa, è tirannica, dispotica ed estranea alla volontà", dice. Questa riflessione lo ha portato a "dare molto valore al fatto di vivere" perché, per Torralba, "ogni giorno conta". "Diventi molto più vitale e questo ti porta a essere molto selettivo su con chi esci o su cosa leggere, per esempio", dice il filosofo e teologo.

Tuttavia, dopo diverse apparizioni sui media, Torralba assicura che parlare in prima persona ha un valore perché le persone ascoltano e ricordano. "E questo lascia il segno", conclude.

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