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Catalunya Religió
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Fotografia: CR.

Jordi Llisterri –CR L'attesa è valsa la pena, almeno per Girona. Alla fine, fra Octavi Vilà, abate di Poblet dal 2015, sarà il nuovo vescovo di Girona. La diocesi ha dovuto attendere quasi due anni dalla morte del vescovo Francesc Pardo, ma in cambio si è ritrovata con la nomina di uno dei principali protagonisti della Chiesa catalana, l'abate di Poblet. Forse è l'abbazia cistercense ad avere più da perdere con questa nomina. La decisione è stata sorprendente anche perché sono passati quasi 100 anni dall'ultima volta che un religioso era stato nominato vescovo in Catalogna. L'ultimo fu Joan Perelló, maiorchino e membro dei missionari dei Sacri Cuori, eletto vescovo di Vic nel 1927.

Vilà è un monaco dalla vocazione tardiva. Nato a Tarragona nel 1961, si è fatto monaco nemmeno vent'anni fa, nel 2006. E quando fu eletto abate di Poblet nel 2015, era stato ordinato sacerdote solo da pochi mesi. Nove anni dopo lascia questa responsabilità per recarsi a Girona come vescovo (per essere ordinato vescovo bisogna essere sacerdote da almeno cinque anni).

Persona professionalmente dedita alla storia contemporanea e alla biblioteconomia, entrato nel monastero poco più che quarantenne, a 55 fu eletto abate e a 63 vescovo di Girona. Non è il curriculum episcopale più comune. La nomina ha significato anche abbandonare un'opzione che era sul tavolo: trasferire a Girona il vescovo di Vic, Romà Casanova.

Vilà è stato l'abate che ha dovuto affrontare le conseguenze della pandemia nell'attività culturale e religiosa del monastero. Ad esempio la riapertura della foresteria o la ripresa dell'attività turistica nel monastero. Durante il suo periodo come abate ha mantenuto e ampliato anche l'attività culturale, soprattutto con la vita musicale legata all'organo o ai cicli di concerti di Jordi Savall.

Interessato e studioso del mondo della comunicazione e delle nuove tecnologie, una volta eletto abate ha deciso di aprire un blog, che ha mantenuto attivo fino ad oggi per spiegare e diffondere la spiritualità cistercense.

Come abate, non ha esitato a coinvolgere la comunità nelle sfide del Paese. Dal punto di vista sociale, allo scoppio della guerra aprì il monastero ai profughi ucraini. Diverse famiglie rimasero a Poblet per alcuni mesi.

Già nella celebrazione della benedizione come abate, ha ricordato il testo di “Radici cristiane della Catalogna” secondo cui “la Chiesa incarnata in questa popolazione attesta la realtà nazionale della Catalogna”. Successivamente, ha fatto riferimento in diverse interviste alla necessità che la Chiesa sia radicata nella lingua e nella cultura catalana, e nel settembre 2017 (all’epoca del referendum sull’indipendenza, ndt) si è pronunciato con l'abate di Montserrat difendendo "il rispetto dei diritti individuali e di quelli del nostro popolo".

L'abate Vilà è stato uno dei pochi superiori o vescovi catalani a visitare i prigionieri politici a Madrid e quando si trovavano nelle carceri catalane. Ha anche mantenuto una relazione fluida con i leader dei principali partiti catalani.

Questa proiezione dell'Abbazia di Poblet è sempre stata utilizzata per far conoscere il senso della vita religiosa e monastica. "Il mondo continua ad aver bisogno di questo tipo di vita alla ricerca di Dio", spiegava in un'intervista a Catalunya Religió e sottolineava la radicalità di questa forma di vita.

“Sono abate per voi, sono monaco con voi”, spiegava nel 2015 quando fu eletto abate. Ciò che non si aspettava era che la sua volontà di continuare ad essere monaco a Poblet venisse interrotta da un viaggio inaspettato a Girona.

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