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Catalunya Religió
Consiliaris de l’ACO en la Jornada General, parlant sobre la situació política. Octubre de 2017.

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(Lucía Montobbio/Laura Mor –CR) La pandemia di Covid-19 ha monopolizzato i mezzi di comunicazione. Tuttavia, ci sono altre realtà ce seguono il loro corso, rendendosi presenti nel nostro quotidiano. È il caso delle diverse posizioni politiche al momento di affrontare il conflitto tra Catalogna e Spagna, un tema molto sentito che continua a dividere. E che riguarda diversi settori, comprese le comunità cristiane. Dall’associazione Giustizia e Pace arriva un contributo che promuove il dialogo e la coesione sociale, ispirato al Vangelo e al pensiero cristiano. Si tratta dell’iniziativa Diàleg.cat (Dialogo.cat).

“Non è la prima volta che sentiamo parlare di come in qualche parrocchia, nei gruppi di Revisione di Vita (gruppi di riflessione su diverse tematiche, ndt), in quelli dedicati alle coppie o nei gruppi dedicati alla fede, riflettere sul conflitto tra Catalogna e Spagna possa provocare tensioni e malintesi e possa allontanare i partecipanti, nonostante condividano valori basati sul cristianesimo” afferma Quim Cervera, coordinatore del settore Pace, Diversità e Democrazia di Giustizia e Pace.

Partendo da tale osservazione, Giustizia e Pace ha pensato di creare spazi di dialogo in cui gli uni e gli altri potessero ascoltare, condividere sentimenti ed emozioni. “Prima di elaborare una metodologia, c’era già qualche esperienza parrocchiale e sapevamo che la cosa più importante era mettere in comune i sentimenti, più che le idee” sottolinea Cervera. Per il dialogo, “parlare di come ciascuno si sente, ci unisce e ci predispone ad ascoltare l'altro" spiega il sociologo, secondo cui questo deve passare avanti “al colore politico che ognuno può avere”.

Un gruppo di dieci volontari di Giustizia e Pace si è riunito per parlare del conflitto politico tra Catalogna e Spagna e, a partire da quanto emerso, una commissione ha elaborato tre sessioni di lavoro.

La prima per esprimere quali fossero l’esperienza e i sentimenti personali che vivono i membri del gruppo riguardo a questo problema. La seconda, per approfondire alcuni insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa che possono aiutare a gestire questa situazione. La terza, per esprimere le diverse opinioni e mettersi nei panni dell’altro, cercare insieme quali “luci evangeliche” si trovano in ciascuna posizione.

L’obiettivo non è arrivare ad un accordo né formulare alcuna proposta di soluzione ma comprendere e cogliere i diversi modi che ci sono di vivere e comprendere questo problema. “È un processo difficile ma magnifico da fare”. La proposta è aperta a tutti coloro che sono interessati. “Per il momento abbiamo ricevuto cinque manifestazioni d’interesse, da persone e gruppi parrocchiali; nonostante siano poche, pensiamo che sia un buon numero per iniziare” conclude il coordinatore del progetto.

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