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Catalunya Religió

(P. Manuel Nin. Esarca Apostolico) Leggendo la lettera di Papa Francesco sul presepe, pubblicata il 1° dicembre 2019, propongo semplicemente alcune note di riflessione.

E inizio con un aneddoto personale. Essendo io Rettore del Pontificio Collegio Greco a Roma, fui invitato un anno, la Vigilia di Natale, a benedire un bel presepe napoletano del XVII secolo, che era stato allestito in un antiquariato proprio accanto alla sede del Collegio Greco nel cuore di Roma. Dopo la benedizione di quella, posso dire, meravigliosa opera scultoria partenopea, uno degli organizzatori dell’evento mi disse tra domanda e affermazione: “voi, in Oriente, il presepe non l’avete, non lo fatte…”. Io risposi dicendo che noi in Oriente avevamo l’icona della Nascita di Cristo, icona che riproponeva la stessa sceneggiatura del presepe che era di fronte a noi, in quel caso un presepe napoletano, sceneggiatura che nell’icona orientale presentava anche gli stessi personaggi: il Bambino neonato, Maria e Giuseppe, gli animali, i pastori accorrenti a vedere l’evento ed anche i tre magi che dal lontano oriente seguivano la stella.

Diversità o comunione tra Oriente ed Occidente? L’insieme dei personaggi nell’icona ci riporta sicuramente al fatto che nella tradizione bizantina il giorno 25 dicembre come pericope evangelica si legge senza soluzione di continuità sia il racconto di Luca sia il racconto di Matteo sulla nascita di Cristo, sull’annuncio ai pastori e sulla manifestazione ai magi. Cioè si situa in un unico giorno quello che nella tradizione occidentale va dal 25 dicembre al 6 gennaio. In fondo però il mistero manifestato nel presepe napoletano e nell’icona bizantina del Natale è sempre il mistero dell’Incarnazione del Verbo eterno di Dio.

Fare, costruire, allestire… il presepe. Nella mia lingua materna catalana dicevamo e diciamo “fer el pessebre”, come anche le diverse volte che il Papa ne parla nella sua lettera, il presepe “lo si fa”, “lo si costruisce”, quasi direi “lo si crea”. Si crea qualcosa di nuovo con le cose, le immagini o figurine, con i personaggi di sempre. Le figurine di terracotta cariche di anni e di storia, si inseriscono nella terra nuova, nelle erbe e piante nuove che ogni anno vengono cercate e che “creano, fanno” il presepe. E usando questo linguaggio “creazionale”, non si tratta di una costruzione dal nulla, ma una costruzione, un fare, che si inserisce nella grande tradizione di una famiglia cristiana qualsiasi, ma radicata appunto in una tradizione dai nonni, dai padri, e che noi tutti ci sentivamo e ci sentiamo di dover trasmettere.

In casa dei miei nonni le figurine si custodivano tutto l’anno ben protette, avvolte con amore e cura, in una cassa di legno o di cartone che veniva collocata in un luogo, la soffitta, dove eravamo sicuri che rimanevano protette lungo l’anno e che nessuno avrebbe toccato né sfiorato. Le figurine erano in qualche modo seppellite durante un anno in attesa della loro “risurrezione”. E l’andare a cercare le immaginette dove erano state custodite dall’anno precedente, custodite con cura, con amore, direi quasi con venerazione costituiva tutto un rito, quasi una liturgia. Era quasi un disseppellire quelle immaginette di terracotta, di fango cotto, quasi un farle risorgere, e se ne scoprivamo una rotta in qualche parte o addirittura frantumata, mai, assolutamente mai, veniva buttata ma rifatta, restaurata, ricreata, dalla mano “ricreativa” del nonno o la nonna che la rimettevano a posto Ricordiamo che pure Dio crea Adamo dal fango e col suo alito divino potremmo dire che lo cuoce, lo fa diventare terracotta pure lui. Una terracotta fragile, che tante volte cadrà, si spezzerà, ma che mai, assolutamente mai verrà buttata via, ma sempre restaurata, ricreata.

Ricordo nel mio monastero di Montserrat la figura di fratel Romualdo che aveva questo ruolo, compito, impegno, ogni anno di “fare il presepe”. Per lui era quasi un “sacramento” dover fare il presepe, aggiungendo ogni anno qualche nuova immaginetta. Mai buttare le antiche o vecchie ma sempre annoverarle con quelle nuove. Lui, fratel Romualdo, viveva questo “fare il presepe” quasi fosse un Avvento in cui si preparava a ricreare e rivivere il Natale di Cristo.

Il preparare, il fare il presepio, si inserisce nella tradizione familiare, in quello di prezioso che c’è nella storia di ogni famiglia. I ricordi delle nostre famiglie che già a dicembre si preparavano ad allestire il presepe...

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