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Benet XV
Benet XV

Oriol Junqueras |Tra poco sarà un quarto di secolo da quando ebbi la grande opportunità di lavorare nell'Archivio Segreto Vaticano. Ci giunsi condotto da padre Miquel Batllori, con l'obiettivo di fare ricerca per poter preparare quella che sarebbe stata la mia tesi di dottorato. Inizialmente, il mio lavoro doveva parlare delle relazioni tra la Santa Sede e le corti cattoliche europee riguardo alla Catalogna durante la Guerra di Successione spagnola.

Fu l'ultima volta in cui ci fu una nunziatura in Catalogna e, perciò, la quantità di documentazione generata in occasione della Guerra di Successione spagnola era enorme. Di fatto, era talmente tanta, che in un'intera giornata di lavoro all'Archivio, era impossibile leggere tutti gli scritti che erano stati prodotti in una sola giornata di quel determinato periodo. Quella ricerca mi ha anche portato a concludere che le relazioni tra la Santa Sede, le nazioni e i territori di tutto il mondo sono sempre state complesse.

Per anni anche lo storico e sacerdote Ramon Corts ha avuto modo di studiare in profondità* una grande quantità di testi sul rapporto tra la Catalogna e il Vaticano, ricercando nei fondi vaticani. Concretamente, la sua ricerca verte sulle lettere tra i nunzi vaticani presso lo Stato spagnolo e i vescovi spagnoli e catalani e altre autorità sulle “particolarità catalane”.

Nel suo ultimo libro, “Il cardinale Vidal i Barraquer: tra la crisi della Restaurazione e la dittatura di Primo de Rivera. Archivio Vaticano (1921-1923)”, parla della questione catalana e si concentra sull'attività di un unico nunzio di Sua Santità in Spagna, Federico Tedeschini, dal suo arrivo a Madrid (giugno 1921) fino al colpo di stato militare (settembre 1923). Durante la lettura dei capitoli dedicati alla figura di Tedeschini - e dal mio punto di vista di storico - è stato particolarmente interessante per me analizzare ciò che ha contribuito a cambiare l'atteggiamento del pontificato di papa Benedetto XV e anche del nuovo nunzio Tedeschini, in un contesto postbellico e di portata globale.

Premetto che qualche volta ho sentito spiegare che l'attuale Santo Padre Emerito Benedetto XVI scelse il nome Benedetto in considerazione dei due santi padri che lo avevano preceduto con quel nome (Benedetto XIV e Benedetto XV). Nel caso di Benedetto XIV, perché ha rappresentato il Papa che ha cercato di riconciliarsi con il mondo dei lumi. Il suo interesse per questo mondo è evidente nei suoi scritti con intellettuali illuministi provenienti da molti luoghi d'Europa, e anche con Federico II di Prussia o Caterina II di Russia. Benedetto XIV, inoltre, escluse dall'indice dei libri proibiti l'opera di Galileo Galilei (De Revolutione), circostanza che rafforzò la teoria eliocentrica del sistema solare... Fu dunque un papa con una forte vocazione intellettuale e un intenso desiderio di comprendere la complessa realtà dell'Europa illuminista.

Nel caso di Benedetto XV, conosciuto come “il papa della pace”, si dà il caso che fu eletto Pontefice un mese dopo lo scoppio della Prima Guerra mondiale (3 settembre 1914). Benedetto XV concentrò gran parte dei suoi sforzi a lavorare per conseguire la pace, attraverso una tregua o un armistizio durante il conflitto. Vale la pena ricordare che alcune delle potenze che si fronteggiavano all'epoca erano cattoliche. Malgrado tutto, non riuscì mai a soddisfare le aspirazioni di una parte e dell'altra, forse perché ognuna si aspettava una presa di posizione netta a proprio favore.

Benedetto XV, dunque, si trovò ad affrontare un momento complesso della storia europea, mondiale e della Chiesa che lui dovette gestire. Inoltre, bisogna ricordare che le grandi potenze europee che dominavano la scena politica scomparvero -letteralmente- nel 1918. Quella guerra portò alla caduta di quattro grandi imperi: quello austro-ungarico, quello tedesco, quello ottomano e quello russo (Mosca fu chiamata "la terza Roma").

E non solo. Quel Papa dovette affrontare anche il dopoguerra. Nonostante avrebbe voluto partecipare ai colloqui di pace del Trattato di Versailles (1919), lo Stato italiano pose il veto e glielo impedì. Contemporaneamente si trovò ad affrontare la nascita di nuovi Stati cattolici - nati dalla disgregazione dei quattro imperi - come Polonia, Ungheria - che avevano perso territori in seguito al Trattato di Trianon -, Austria, il nuovo regno di Jugoslavia, Cecoslovacchia... Anche per il presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson non risultò facile gestire queste realtà nazionali. Lo stesso presidente americano aveva dovuto lasciare Versailles, profondamente deluso, visto che il suo progetto non aveva trovato consensi, e come conseguenza dell'evolversi della guerra.

In quello stesso periodo, all'interno della Santa Sede - in particolare, la figura del Nunzio Tedeschini - c'era molta prevenzione e rispetto per la pericolosa gestione delle realtà nazionali. Grazie al grande lavoro di ricerca del dottor Ramon Corts, oggi sappiamo che lo stesso Tedeschini aveva la sensazione che fosse necessario tener conto dei leaders del catalanismo, proprio perché forse un giorno sarebbero finiti per essere i dirigenti di un nuovo stato con cui si sarebbe dovuto trovare un’intesa. Vedeva dunque con diffidenza il sorgere di questi movimenti e la loro possibile vittoria. A questa difficile gestione di equilibri, attese e minacce si aggiunse il rapporto con la restaurazione borbonica incarnata dalla figura di Alfonso XVIII. Oltre ad essere una monarchia restaurata dopo una guerra civile, parte delle simpatie della Santa Sede erano per la causa carlina, cioè dell'altra "parte".

Un altro elemento da cui non si può prescindere sono le enormi tensioni politiche che esistevano negli anni ‘21, ‘22 e ‘23, dal punto di vista della nuova realtà ideologica che stava prendendo forma in quel momento. Pertanto, questa nuova tendenza si mescolava con le tensioni tra i nuovi Stati e le difficoltà di gestione delle aspirazioni nazionali.

In questo senso vale la pena ricordare che Benedetto XV, nell'ultimo periodo del suo pontificato, diede un esplicito sostegno a Luigi Sturzo nella creazione del Partito Popolare Italiano (PPI), una delle formazioni che si dichiarava democristiana. Benedetto XV aveva rimosso il divieto ai cattolici di impegnarsi in politica. Subito dopo, però, la posizione cambiò radicalmente: la Santa Sede chiese a Luigi Sturzo di sciogliere il PPI di fronte all'ascesa del fascismo, allora incarnato da Benito Mussolini.

In conclusione, possiamo affermare che è più facile comprendere e spiegare l'approccio ai rapporti tra Santa Sede e Catalogna non solo come fenomeno isolato ma anche come fatto intimamente legato a tutta la realtà europea del momento. Questo ci aiuta a capire queste relazioni così piene di speranza e allo stesso tempo difficili, ma anche a capire noi stessi. Tutto questo ci invita a considerare che la realtà è sempre più complicata di quanto ci piacerebbe accettare. E quando lavoriamo come storici, abbiamo l'obbligo di farlo con rigore e fatica, consapevoli che gli applausi saranno pochi, che tarderanno ad arrivare o, forse, non arriveranno mai.

Oriol Junqueras i Vies è uno storico e presidente di Esquerra Republicana de Catalunya

*Questo articolo prende spunto dal mio intervento durante la presentazione del libro del Dr. Ramon Corts i Blay “Il Cardinale Vidal i Barraquer: tra la crisi della Restaurazione e la dittatura di Primo de Rivera. Archivio Vaticano (1921-1923)”. L'evento, svoltosi il 17 maggio 2022, organizzato dall'Ateneo Universitario Sant Pacià (AUSP), ha visto la partecipazione anche di Fra Valentí Serra (docente alla Facoltà Antoni Gaudí) e del Dr. Armand Puig i Tàrrech (rettore dell'AUSP). Questo nuovo studio presentato dal Dr. Ramon Corts è la continuazione di un precedente, intitolato “La questione catalana nell'Archivio Segreto Vaticano. Dalla Restaurazione a Primo de Rivera (1875-1923)”, pubblicato nel 2017, che raccontava l'operato dei vari nunzi apostolici a Madrid al tempo della Restaurazione di fronte alla questione catalana.

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