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Catalunya Religió

(CR/Abadia de Montserrat) Il nuovo abate di Montserrat, Manel Gasch i Hurios, ha provato “paura, impressione ed emozione” quando è stato eletto abate a settembre. Un incarico che, afferma, “è una responsabilità molto grande” ma anche un “riconoscimento personale dei fratelli” che affronta “con umiltà e gratitudine”. Così si è espresso nella prima intervista dopo l’elezione, rilasciata a Montserrat TV mercoledì 13 ottobre, giorno della benedizione abaziale nella basilica.

Durante la conversazione, di circa 20 minuti, Gasch parla di alcuni degli obiettivi del suo mandato e ripercorre alcuni degli ambiti che hanno maggiormente segnato la sua vita spirituale. Anche se è presto per indicare obiettivi di lavoro e l’abate Gasch “si sta posizionando”, ha già cominciato a lavorare per formare un’equipe di stretti collaboratori per la sfida di mantenere “la notevole attività che svolge attualmente Montserrat”.

Sebbene non abbia progetti di azione sociale diretta, Gasch non vuole che si smetta di “essere attenti a tutti i bisogni attuali”, prestando aiuto quando sia necessario e venga richiesto. A Montserrat, afferma, quasi tutto quello che si fa è sociale, “anche se forse non si intende come azione diretta verso le necessità”. Montserrat, spiega il nuovo abate, è una comunità monastica di preghiera, di accoglienza. “Il contributo sociale più grande che deve portare il monastero è continuare a essere un luogo di accoglienza per tutti”. Negli ultimi anni, ricorda, si è riusciti a far entrare il cuore della propria preghiera nelle case della gente, attraverso la radio e internet. “Ci arrivano ringraziamenti e sappiamo il bene che fa alle persone il sentirci”. Oltre 80.000 persone seguono la messa domenicale ogni settimana.

Gasch chiede che Montserrat continui ad essere “un luogo di difesa della cultura e della lingua catalana”, un posto “dove chiunque si senta a casa”. La comunità di Montserrat, spiega, “non è un partito politico che difende idee, però difendiamo sempre i diritti umani e sociali e difendiamo la tradizione catalana del nostro paese”.

Nell’intervista, l’abate Gasch ha anche ricordato la sua esperienza in parrocchia, nello scoutismo e a Taizé. “La parrocchia mi ha avvicinato al cristianesimo post-conciliare”. Lo scoutismo è stata un’esperienza “affascinante, d’amicizia, di contatto con la natura, di servizio e di organizzazione”. E Taizé l’ha segnato molto profondamente, “dai 16 anni, quando ci andavo d’estate, finché non sono entrato in monastero a 25 anni”. Vi ha trovato il silenzio come via di preghiera e una connessione con Dio davvero autentica, “basata sul Vangelo e su Gesù”.

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