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Catalunya Religió

(Glòria Barrete –CR) Papa Francesco ha convocato dal 19 al 21 novembre l’evento internazionale “The Economy of Francesco”, rivolto a giovani economisti e imprenditori con l’obiettivo di un patto per costruire un’economia più umana. Dei duemila partecipanti attesi, circa 500 sono giovani coordinatori dell’appuntamento. Da un anno preparano proposte in dodici gruppi di lavoro. L’economista, manager e professore della Facoltà di filosofia dell’Università Ramon Llull, Bernat Sellarès, è uno di questi 500 coordinatori.

Un Papa che non è economista ma ha deciso di organizzare un evento sull’economia. Paradossale?

“The Economy of Francesco” è nata in un momento in cui si voleva avviare un processo di cambiamento economico e in cui determinati personaggi hanno parlato con il Papa e gli hanno chiesto una sorta di Davos in chiave cristiana. Il Papa ha detto: “Facciamolo ma siano i giovani a farlo”. Ed eccoci. Cos’è Economy of Francesco non si sa, e non si sa perché è un processo che è iniziato ed è lo stesso cambiamento e il modello che verrà. Non c’è un modello predeterminato o già scritto.

Qual è l’economia che Papa Francesco propugna?

L’economia che il Papa ha in mente sta nelle encicliche che ha scritto, soprattutto nell’ultima, Fratelli Tutti. Per me ciò che è rivoluzionario è che il Papa non cerca di imporre un modello economico ma si affida ai giovani perché cambino l’economia e propongano nuovi modelli economici.

Non è la prima volta che il Papa parla di economia. Già nel 2014 nel discorso al Parlamento europeo chiese “Un’Europa che non giri solo intorno all’economia”. Propone un modello economico concreto?

Non c’è un modello economico determinato sostenuto dalla Chiesa. Semplicemente offre le linee guida spirituali perché l’economia sia al servizio della persona umana. Quando parliamo di modello economico, ci poniamo su un terreno su cui la Chiesa, in generale, non si pone. Qualunque cambio di modello economico è traumatico e se la Chiesa cattolica si schierasse per un determinato sistema, diverso dall’attuale, ci sarebbe una rottura e pertanto, in ottica cristiana, non credo che sarebbe difendibile. Penso che le encicliche del Papa, i suoi discorsi, impostano una rotta spirituale, non entrano nei dettagli di ambito economico su come tutto ciò si dovrebbe articolare. E penso che sia importante. Credo che il problema che abbiamo attualmente è che, come dice il Papa, l’economia è un fine in se stessa mentre, per definizione e storicamente, è un mezzo al servizio di altri scopi. Questa confusione per me è la malattia del nostro tempo.

Nel momento in cui è emersa 'Economy of Francesco' c’è stato chi l’ha letta come una proposta di nuovo sistema economico. C’è chi lo accusa di essere un Papa comunista. È così?

Non credo. Penso che con questa iniziativa di affidare ai giovani semplicemente la riflessione e l’avvio di un progetto economico per vedere cosa ne esce, già c’è stato un cambio. L’ho visto nell’ambito del mio gruppo. Senza aver messo in atto cambi concreti, quello che si sta generando è una presa di coscienza. L’economia in sé per sé non è nulla se non si mette al servizio di altro. Al di là di cospirazioni o speculazioni sul fatto che il Papa sia o meno comunista, direi che ciò che si vede è una chiara volontà di innescare processi di cambiamento attraverso una presa di coscienza.

Il Papa chiede che questo cambiamento non sia solo un’opzione personale di vita ma un’opzione collettiva del mondo, giusto?

Una delle cose più belle di Economy of Francesco è che è aperta a tutti i giovani, credenti o no purché di buona volontà. Credo che sia una dimostrazione di ciò che vuole il Papa e che possiamo raggiungere. Quando parli di economia in termini di umanità, di volere il bene comune per tutti, non è un monopolio del cristianesimo o del mondo religioso, ma è una cosa che portiamo tutti nel cuore e desideriamo per gli altri. Ci opponiamo al modello economico egemone neoliberale che sostiene che si arriva al bene comune a partire dalla ricerca degli interessi personali. È l’idea di Adam Smith. Ciò che è chiaro, dal mio punto di vista, è che questa ricerca personale non ha motivo di generare un bene collettivo o comune. È qui che c’è l’errore che nasce con la modernità, con Smith, e l’economia si sgancia dalla politica.

Un'altra delle richieste del Papa è quando dice spesso che l'economia deve essere al servizio delle persone ma allo stesso tempo deve essere parte di una democrazia più sana ...

Esatto. Quando l’economia da mezzo diventa fine, quando diventa un imperativo politico, la politica cede perché l’obiettivo politico è la crescita economica. Se l’obiettivo della politica è la crescita economica, l’economia gerarchicamente resta sopra la politica.

L’idea consolidata che la crescita economica genera ipso facto benessere.

Sì. Che la crescita economica sia un obiettivo per un politico è qualcosa che diamo per scontato ma per un politico non dovrebbe essere così. Sappiamo che un aumento del Pil genera più ricchezza e più benessere nel paese ma se, per esempio, si verifica un elevato inquinamento a causa di questa crescita del Pil, c’è un fattore negativo che per anni resta a carico della tua popolazione. È chiaro che questo politico ha un fine sbagliato. Vedo una perversità del sistema ma non malafede dei politici. Semplicemente è il trionfo di determinate idee economiche che si sono radicate nella nostra coscienza sociale. E penso che è proprio questo che il Papa vuole cambiare e perciò lo raccomanda ai giovani. Nella Regola di S. Benedetto c’è un punto che dice di chiedere spesso ai giovani cosa pensano perché dai giovani, afferma, vengono idee che sono buone, sono aria fresca.

La pandemia di Covid-19 ha fatto risuonare concetti come “l’economia uccide, non si è investito abbastanza in sanità ecc.”. È un buon momento perché si realizzi un cambiamento economico?

Il concetto di bene comune, che spesso può sembrare astratto, con la pandemia si è compreso meglio. Il bene comune è ad esempio che tutti abbiano cure e le stesse possibilità di accedere a un sistema sanitario.

Ciò significa nazionalizzare tutto?

Dal mio punto di vista no. Penso che vada garantita la pari opportunità. Politicamente si deve decidere quale sia la soglia minima che va garantita a ogni cittadino.

I partecipanti al meeting si possono definire utopisti?

Forse sì ma se si pensa solo all’obiettivo del Papa di favorire una presa di coscienza, posso dire che è già stato raggiunto. Forse da Economy of Francesco non uscirà alcun cambiamento economico però ci sono molti giovani che si sono sentiti sostenuti nel tentativo di vivere con questa economia che spesso causa disagi e sospetti. Ci ha aiutato a fare un cammino insieme verso un’economia più umana e fraterna.

Qualche esempio di cui sei venuto a conoscenza?

L’idea che ci siano imprese che per statuto destinino una parte dei propri guadagni a progetti sociali e di sviluppo economico. Nelle facoltà di economia ora c’è un paradigma economico egemone che spiega come le persone massimizzano l’utilità, guidati dagli interessi personali, e che quello che fanno le imprese è semplicemente massimizzare i propri ricavi. Economy of Francesco sta dimostrando che il mondo economico non è solo questo ma che ci sono altre realtà.

Economista cristiano, fino a due giorni fa suonava come un ossimoro. È possibile una definizione ora?

Gli economisti cristiani esistiamo e inoltre l’economia intesa in chiave cristiana è affascinante, non solo per i cristiani. E non solo da una prospettiva economica ma anche teologica-filosofica.

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