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Catalunya Religió
[Foto: URL]

(Jordi Llisterri –CR) Il rettore dell’Università Ramon Llull (URL) è stato scelto come primo presidente della Strategic Alliance of Catholic Research Universities (SACRU). È una nuova rete formata da otto università cattoliche o di ispirazione cristiana per promuovere la ricerca e la collaborazione a partire dalla propria identità. Josep Maria Garrell è rettore della URL dal 2012, mandati rinnovati nel 2016 e nel 2020. La SACRU è uno dei progetti di carattere internazionale ai quali partecipa in ambito universitario.

Come nasce la SACRU?

L’idea è molto semplice: siamo università cattoliche o di ispirazione cristiana, con realtà e contesti assolutamente diversi. Ma condividiamo come missione essenziale la promozione della qualità e la ricerca, a partire dalla nostra identità peculiare dei valori dell’umanesimo cristiano.

Queste università sono riunite nella Federazione internazionale delle università cattoliche (FIUC). È un’associazione molto grande e con università molto diverse. Più grandi, più piccole, più locali, più globali. La stessa FIUC incoraggia approcci settoriali per fare cose strategicamente concrete, sul tipo di questa alleanza di università che è la SACRU. Inoltre, a volte non è ben chiaro che università come le nostre fanno ricerca. Pertanto, la SACRU è anche uno strumento di collaborazione e visibilità.

C’è una parola che si ripete in tutti i documenti della SACRU: bene comune. È una delle cose che ci deve spingere e che non dobbiamo mai dimenticare.

Il bene comune nei documenti della SACRU compare sempre associato a eccellenza o globalizzazione. Sono termini compatibili?

Le università che fanno parte della SACRU sono molto globalizzate. Per esempio, alla URL abbiamo il 20% di studenti internazionali. La globalizzazione va molto unita all’eccellenza, alla qualità. E questo non è in assoluto incompatibile con il tenere presente il bene comune in tutto quello che facciamo. Se non fai in modo che l’attività sia attrattiva e competitiva a livello internazionale, i tuoi dati globali caleranno. Perché uno studente lascia il suo paese d’origine e viene qui a laurearsi o a prendere un master? Semplicemente perché ritiene che la qualità della formazione che troverà qui è un investimento per il futuro. Senza un’offerta formativa di qualità e una ricerca di qualità, difficilmente sarai competitivo a livello internazionale.

Perché queste otto università?

L’idea nasce dall’Università Cattolica del Portogallo alcuni anni fa e il primo nucleo è europeo, con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’URL. Poi si è ampliato con il Boston College per le relazioni che già esistevano con il campus di eccellenza internazionale. Dopo Europa e Stati Uniti, abbiamo cercato realtà simili negli altri continenti per coprire l’intero pianeta. Così si sono aggiunte la Pontifícia Universidade Católica di Rio de Janeiro, la Pontificia Universidad Catòlica del Cile, l’Australian Catholic University e la Sophia University del Giappone. Senza alcuna intenzione di essere escludenti, nella fase costituente è meglio un gruppo piccolo perché sia gestibile. Abbiamo bisogno di qualche anno per avviare e verificare che siamo capaci di mettere in pratica una partnership di questa natura e con tali diversità. Nel 2018 firmammo una lettera costituente a Lisbona e nel 2019 si fece il primo incontro annuale a Barcellona. Nel 2020 doveva esserci l’incontro a Milano ma l’abbiamo dovuto fare solo virtuale. Durante questa riunione abbiamo formalizzato l’elezione delle cariche e la presidenza, iniziata con la URL.

Questo tipo di strutture internazionali si traducono in cose concrete nelle università?

La SACRU ci deve portare a molte cose concrete. I risultati li vedremo poco a poco. Ci piacerebbe vedere risultati in attività di ricerca congiunta. Ci piacerebbe avere programmi di mobilità dei ricercatori e degli studenti di dottorato. Ci piacerebbe esplorare le possibilità di fare progetti formativi congiunti soprattutto post-laurea. Siamo all’inizio. Però per esempio uno dei gruppi che sta lavorando sugli effetti del Covid ha già avviato due report che dovrebbero vedere la luce prossimamente.

Ci sono quattro gruppi di lavoro: ricerca, educazione superiore, Covid e famiglia. Cosa possono apportare?

I gruppi di lavoro si incontrano per collaborare e sviluppare progetti congiunti che creino ricerca in maniera congiunta. Essenzialmente, i gruppi di ricerca generano conoscenza, che può essere più o meno applicata. Pertanto, possono arrivare a proporre determinate soluzioni o generare conoscenza su temi generali. E questo va pubblicato. Non mi riferisco solo a pubblicazioni scientifiche ma alla divulgazione sociale dei risultati della ricerca.

Abbiamo già un’esperienza di questo tipo con il nostro progetto di campus di eccellenza internazionale “Aristos Campus Mundus”, con la Pontificia università Comillas (Madrid) e con quella di Deusto (Paesi Baschi; entrambe gestite dalla Compagnia di Gesù, ndt). È quello che sta accadendo con il gruppo di lavoro sulla famiglia della SACRU. È un’iniziativa di un ricercatore della nostra Università avviata in concomitanza con l’Anno della Famiglia proclamato da Papa Francesco.

Tutto questo lavoro accademico può rendere un servizio alla Chiesa?

Credo di sì, senza dubbio. Papa Francesco ci invita a una Chiesa in uscita e a tutto ciò che fa riferimento alle frontiere. Quando lavori in una università così globalizzata, le frontiere della Chiesa ti abitui ad averle dentro di te. Di conseguenza lavoriamo insieme a livello internazionale come un modo di portare il messaggio evangelico dove forse non arriverebbe. Non ho alcun dubbio sul servizio che svolgiamo come università nella diffusione dei valori dell’umanesimo cristiano. E quando questo si fa in rete con altri ti permette di apprendere. Non siamo una somma: l’effetto è moltiplicatore.

L’URL fu creata nel 1991 federando istituti cattolici ma definendola come università di ispirazione cristiana e non cattolica. Questo alla fine si è rivelato un successo?

La creazione dell’URL è stata un successo. Come si sa, fu un’idea del cardinale Narcís Jubany. L’idea dei fondatori era una università libera, che si potesse reggere da sola, e di ispirazione cristiana. C’erano istituzioni dipendenti da congregazioni come la Compagnia di Gesù o i Fratelli delle Scuole cristiane, altre della diocesi, e tutto questo è Chiesa.

Oggi farebbe lo stesso?

Non so come farei oggi, ma posso confermare che il modello funziona. L’obiettivo dell’URL non è formare i migliori professionisti del mondo ma formare i migliori professionisti per il mondo, che è un po’ diverso.

Oltre alle consuete commissioni di ambito accademico, l’URL ha anche una commissione pastorale. Come lavora?

C’è un vicerettore che ci occupa degli affari religiosi da cui dipende una Commissione di Pastorale universitaria. È una decisione presa quando ho iniziato il mandato da rettore. Ogni istituzione della URL ha la propria pastorale e c’è sempre stato coordinamento. Quello che mancava era uno strumento da mettere insieme sul tavolo per condividere inquietudini, preoccupazioni, bisogni e buone pratiche. Per esempio questo ci ha permesso di dare una risposta congiunta come contributo al Piano Pastorale diocesano di Barcellona, cosa che prima avremmo fatto separatamente.

Nella commissione abbiamo imparato gli uni dagli altri. Alla URL lavorano 2000 persone, ci sono oltre 20.000 studenti, un campus diffuso, un’istituzione complessa da gestire… E quando persone differenti portano uno stesso tema nei diversi centri, si incontrano al di là delle convocazioni del rettore, significa che va bene. Perché vedono l’importanza di condividere quello che stiamo facendo.

Ho parlato molto di questo tema con il cardinale Omella. Gli sono grato di aver partecipato ogni anno a un incontro con la Commissione. Ha potuto trasmettere le sue preoccupazioni e ha potuto avere il polso della situazione. È stato un dialogo assolutamente fecondo. Lo stesso vale per il vescovo ausiliare Sergi Gordo, che è stato professore alla URL.

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