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(Jordi Llisterri-CR) I partecipanti al Concilio Provinciale Tarraconense del 1995 approvarono una risoluzione che chiedeva che “s’avanzi decisamente verso l’ottenimento della corrispondente personalità giuridica” delle diocesi della Catalogna. Volevano dotarle di un organismo unitario che avesse capacità legislativa. Tale personalità giuridica, quando la risoluzione 142 tornò un anno dopo da Roma, era diventata “che cerchino, d’accordo con la Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) la corrispondente soluzione giuridica”. Dopo 25 anni ancora non se n’è fatto nulla.

“È una questione pendente”. Così ha riassunto la vicenda il cardinale Lluís Martinez Sistach durante la presentazione che si è svolta lunedì a Barcellona del libro di testimonianze dei partecipanti al Concilio Tarraconense. Secondo Sistach “non ci furono difficoltà” con il contenuto delle 170 risoluzione, tranne che con la 142 “perché ci sarebbero potute essere connotazioni politiche quando in realtà rispondeva a motivi pastorali”. Così ancora oggi le diocesi catalane non hanno un riconoscimento giuridico unitario, necessario per “evitare il rischio” che non si lavori in modo unitario. “C’è un’unità culturale e pastorale in Catalogna. Non possiamo dividere la Catalogna” ha assicurato il cardinale.

L’allora vescovo di Tortosa e segretario della Conferenza Episcopale Tarraconense ha spiegato che questo tema si doveva risolvere alcuni mesi dopo il Concilio nel corso di una riunione in Vaticano. Cinque anni dopo, nel 2001, la CEE approvò la creazione di una Regione Ecclesiastica per la Catalogna. Ma finora “non c’è stata alcuna risposta da Roma”.

Il cardinale Sistach ha ricordato che la creazione di una regione è una petizione che, attraversi una conferenza episcopale, si fa alla Santa Sede che può accettarla o meno. Inoltre, c’era una anomalia giuridica perché le regioni si formano con due o più province ecclesiastiche, che la Catalogna allora non aveva. Ma dal 2004, con la creazione delle nuove diocesi di Sant Feliu e Terrassa (suffraganee di Barcellona, ndr), in Catalogna esistono due province ecclesiastiche. Ma è rimasto tutto uguale.

Le “connotazioni politiche” furono presenti nella riunione del 1996 con il prefetto della Congregazione dei Vescovi, cardinale Bernardin Gantin e il sottosegretario Giovanni Maria Rossi. Sistach ha spiegato che per sbloccare l’approvazione delle risoluzioni del Concilio Tarraconense andarono l’arcivescovo di Barcellona, Ricard Maria Carles, il segretario del Concilio, Carles Soler i Perdigó e lui stesso mentre per motivi di salute non si recò a Roma l’arcivescovo metropolita di Tarragona Ramon Torrella. “Ci fu la svolta in quella riunione” in cui emerse chiaramente che quello che si richiedeva era che “fosse d’accordo la Conferenza Episcopale Spagnola, perché i vescovi catalani ne facevano parte”. Fu un incontro “molto cordiale” e sul resto “non ci furono difficoltà sui contenuti delle risoluzioni”. Fu superato anche l’ostacolo di usare il nome di Conferenza Episcopale Tarraconense, malgrado non avesse le attribuzioni di una conferenza episcopale, “finché non si fosse presa una decisione in base alla risoluzione 142”.

Sistach, canonista, ha spiegato che propose come soluzione giuridica la creazione di una Regione Ecclesiastica Tarraconense, come quelle che ci sono in numerose regioni italiane, per assicurare un lavoro come delle diocesi di una stessa regione. Alla fine la CEE approvò la richiesta alla S. Sede dopo cinque anni di modifiche e aggiornamenti. Ma ha rivelato che a Madrid “curiosamente non si approvò il termine Conferenza Episcopale Regionale Tarraconense, come quelle di tutte le Conferenze episcopali regionali d’Italia, approvate dalla S. Sede. Dissero di no perché si prestava a confusione con la Conferenza Episcopale Spagnola”. In questo contesto il cardinale ha insistito che la risoluzione 142 e la richiesta di una soluzione giuridica dopo 25 anni “è ancora in vigore e ancora non è stata applicata”.

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